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Liberi di scorrere

I fiumi e i loro ecosistemi sono soggetti ad alterazioni dovute alle attività umane. I ricercatori coinvolti nel progetto MesoHABSIM ne studiano il comportamento per salvaguardarne il futuro

Misurare la profondità dell'acqua e la velocità della corrente è importante per poter compilare la 'carta d'identità' di un fiume

Gli scenari climatici sempre più severi e la minore disponibilità idrica complessiva ci obbligano a ripensare le nostre abitudini. Quanta acqua viene prelevata oggi in Italia e come viene utilizzata?

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MesoHABSIM in Italia

I ricercatori del Politecnico e dell’Università di Torino sono impegnati sul campo in vari momenti dell’anno

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Tecnologia ed esperienza aiutano a conoscere le caratteristiche dei fiumi ma anche di pesci, invertebrati e altre specie che li abitano

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Quando il fiume è molto grande, le misurazioni vengono effettuate con un natante su cui è installato un profilatore di velocità acustico

Traverse e sbarramenti generano impatti ambientali perché modificano la portata in alveo, frammentano gli habitat e mutano la morfologia del fiume

I pesci devono potersi spostare liberamente, risalire la corrente e andare a deporre le uova nei luoghi che sentono più accoglienti e adatti

Garantire ad un corpo idrico la portata d'acqua necessaria alla vita di tutte le specie è la sfida più grande

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Dal concetto di Deflusso minimo vitale a quello di Deflusso ecologico: quando scienza e politica camminano insieme

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Acqua e sedimenti portati dalle onde di piena rimodellano l'alveo fluviale e pongono le condizioni per la rinnovazione della vita

Ma talvolta, per colpa dell’uomo che ha costruito troppo vicino agli argini, le piene risultano distruttive. I dati sulle alluvioni devono far riflettere

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Torrente Baganza, nella provincia di Parma, gonfio d'acqua per le piogge dell'ottobre 2023 (per gentile concessione dell'Autorità di Bacino Distrettuale del Fiume Po)

Quanta acqua preleviamo in Italia? Avere dei numeri certi su prelievi e usi è decisamente importante, anche considerando che già adesso, stando ai dati ISPRA sul bilancio idrologico, la disponibilità naturale di risorsa idrica a scala nazionale fa segnare un trend negativo sul lungo periodo (1951-2023) e nei prossimi anni dobbiamo attenderci periodi di siccità e scarsità idrica sempre più lunghi e severi.

Secondo le stime ISTAT, riferite al solo periodo 2015-2019, ogni anno vengono prelevati dall’ambiente naturale oltre 30 miliardi di metri cubi d’acqua per uso agricolo, potabile e industriale. A scala nazionale, circa il 56% (17 miliardi di metri cubi) è prelevato per essere utilizzato in agricoltura, principalmente per alimentare la rete di canali e impianti di irrigazione. Il secondo maggiore utilizzo dell’acqua riguarda l’idropotabile, per il quale preleviamo annualmente 9,3 miliardi di metri cubi (il 31% del prelievo complessivo) così da assicurare gli usi idrici quotidiani della popolazione ma anche di piccole imprese, alberghi, servizi, attività commerciali e produttive collegate direttamente alla rete urbana, nonché per soddisfare le richieste pubbliche di scuole, uffici, ospedali. Al terzo posto figura il settore industriale, al quale si associa il restante 13% del prelievo (3.9 miliardi di metri cubi/anno).

A livello di distretto idrografico, i prelievi per i diversi comparti d’uso della risorsa incidono in maniera differente rispetto alla scala nazionale. Considerando il solo settore agricolo, i 2/3 del prelievo  di risorsa idrica (ossia 11,3 miliardi di metri cubi sui 17 miliardi totali stimati a scala nazionale) incidono sulla disponibilità del distretto idrografico del fiume Po. Il secondo distretto idrografico per prelievo di acqua in agricoltura è l’Appennino meridionale, con “appena” 2 miliardi di metri cubi. E anche nell’ambito dell’acqua potabile, i distretti idrografici del fiume Po e dell’Appennino meridionale fanno registrare il maggiore prelievo: rispettivamente 2,8 miliardi di metri cubi (30% del totale nazionale) e 2,3 miliardi di metri cubi (25% del volume nazionale).

Per affrontare i periodi di siccità e di scarsità idrica negli anni a venire, occorrerà operare, ove possibile, sulla riduzione dei consumi attraverso una gestione sostenibile e adattiva, lavorando allo stesso tempo sull’efficientamento delle reti irrigue e acquedottistiche. Un dato lievemente confortante, relativo al 2022, racconta che gli acquedotti comunali hanno erogato ogni giorno, per gli usi autorizzati, 214 litri di acqua potabile per abitante, vale a dire 36 litri (15%) in meno del 1999. Viceversa, rimane grave e impattante il problema delle perdite idriche che incide per il 40% circa sulla quantità di acqua prelevata per gli usi potabili. E’ stato calcolato, infatti, che con la sola acqua dispersa nell’ambiente dagli acquedotti potrebbero essere soddisfatte le esigenze di 43,4 milioni di abitanti per un intero anno. A integrazione delle fonti di acqua dolce, per sopperire alle carenze idriche, solo una piccola parte del prelievo è derivata da acque marine o salmastre (lo 0,1% del totale), ed è concentrata soprattutto in Sicilia per approvvigionare le isole minori e in minima parte anche in Toscana e Lazio.

Dal punto di vista delle popolazioni che vivono vicino ai fiumi, il fenomeno dell’esondazione dell’acqua, e quindi dell’alluvione, è vissuto come uno dei più grandi disastri naturali moderni, per via dei danni che crea alle attività umane e alle persone stesse. Tecnicamente, le alluvioni sono una manifestazione di eventi di piena che culminano in picchi di portata che, per l’Italia, sono spesso di forte intensità e breve durata. La ricerca scientifica colloca, a giusta ragione, le alluvioni tra i fenomeni meteoclimatici estremi.
Sebbene, nell’immaginario collettivo, le alluvioni vengano associate soprattutto ai grandi volumi d’acqua esondati, un aspetto fondamentale delle piene è legato ai sedimenti che vengono erosi, trasportati e depositati anche in grandi quantità. Questo aspetto è cruciale per il naturale rinnovamento dell’habitat. Le piene mobilitano tanto sedimento, rimodellano il letto dei fiumi e cambiano la forma degli alvei e la posizione degli habitat. Gli ecosistemi e le comunità biologiche si sono adattate nei secoli a questa naturale variabilità della forma dei fiumi e a questo periodico rinnovamento, “imparando” a convivere con il susseguirsi di piene più o meno intense. Tuttavia, quando la forma dei fiumi viene fortemente alterata dall’uomo (ad esempio attraverso forti restringimenti degli alvei naturali) questa capacità di rinnovamento viene ridotta, se non annullata, con effetti anche sugli habitat e le relative comunità biotiche.

A livello mondiale, l’Italia è un paese particolarmente soggetto ad alluvioni, anche a causa dell’elevata fragilità del suo territorio, per buona parte montuoso o collinare e densamente abitato. Secondo il “Rapporto Città Clima 2023 Speciale Alluvioni” realizzato da Legambiente, dal 2010 al 2023 si sono verificati nel nostro paese 684 allagamenti da piogge intense, 166 esondazioni fluviali e 86 frane sempre dovute a piogge intense, che rappresentano il 49,1% degli eventi naturali disastrosi registrati nel periodo di riferimento. Le regioni più colpite da allagamenti da piogge intense sono state la Sicilia, con 86 casi, seguita da Lazio (72), Lombardia (66), Emilia-Romagna (59), Campania e Puglia (entrambe con 49 eventi), Toscana (48). Per le esondazioni fluviali è invece risultata al primo posto la Lombardia con 30 casi, seguita dall’Emilia-Romagna con 25 e dalla Sicilia con 18 eventi.
Ovviamente, ad aggravare le conseguenze delle alluvioni contribuisce la grande pressione antropica. In Italia si è costruito molto sia nelle vicinanze sia all’interno della piana inondabile dei fiumi, anche in aree segnalate come pericolose dai piani di bacino, con 7,7 milioni di italiani che risultano oggi a rischio (fonte ISPRA, 2016). La gestione delle piene e delle alluvioni presenta dunque la sfida di attuare misure che garantiscano la sicurezza delle popolazioni e delle attività umane preservando, al tempo stesso, i processi di rinnovamento morfologico e degli habitat fluviali.

Il deflusso ecologico (DE) è stato introdotto nel 2012 dalla Commissione Europea con il “Piano per la salvaguardia delle risorse idriche europee” e si riferisce alla “quantità d’acqua necessaria affinché un ecosistema acquatico continui a prosperare e a fornire i servizi necessari”, riconoscendo che le caratteristiche di qualità e quantità dell’acqua e anche di frequenza e durata degli eventi di magra, morbida e piena sono intrinsecamente legati al concetto di ‘buono stato’ dell’ecosistema.

In altre parole, ogni volta che è presente una derivazione idrica si tratta di stabilire la portata che istantaneamente deve continuare comunque a scorrere in ogni tratto omogeneo del fiume per garantire la salvaguardia delle caratteristiche fisiche e chimiche delle acque, nonché il mantenimento delle biocenosi (comunità vegetali ed animali) tipiche delle condizioni naturali locali.

Il Deflusso Ecologico (DE) è un’evoluzione del Deflusso Minimo Vitale (DMV) che rappresentava un primo tentativo di salvaguardare l’ecosistema fluviale. Il DMV era infatti un valore fisso di portata da rilasciare a valle dei prelievi mentre il DE oggi può essere variato durante l’anno in funzione delle disponibilità di acqua e delle esigenze degli usi, al fine di raggiungere il buono stato ecologico o non deteriorare lo stato esistente. Nel 2017, dunque, il Ministero dell’Ambiente e le Autorità di Bacino hanno approvato le Linee Guida nazionali e gli indirizzi distrettuali per l’aggiornamento dei metodi di determinazione del DMV al fine di garantire il mantenimento del Deflusso Ecologico nei corsi d’acqua.

Si è passati, dunque, da un concetto di portata “minima”, pressoché costante tutto l’anno, a quello di “regime”, variabile nel tempo, per tenere conto della naturale dinamica fluviale e degli andamenti stagionali delle portate, fondamentali per garantire la struttura e la funzionalità degli ecosistemi fluviali.

La metodologia MesoHABSIM (MesoHabitat Simulation Model) è un sistema di modellazione dell’habitat fluviale che consente di valutare e quantificare la disponibilità di habitat per una specie o una comunità biologica in relazione alla portata d’acqua nell’alveo e alla morfologia locale del fiume.
La modellazione viene realizzata a partire da parametri idromorfologici quali la velocità della corrente, la profondità dell’acqua, la tipologia del substrato o del sedimento, la temperatura dell’acqua, la forma dell’alveo, la presenza di zone di rifugio per la fauna.
Una volta scattata la ‘fotografia’ dell’ambiente fisico vengono presi in esami i cosiddetti criteri di idoneità di habitat (o modelli di distribuzione di specie), per la comunità che si vuole analizzare (ad esempio i pesci), con i quali si quantifica la disponibilità di habitat nello spazio e nel tempo in base alle preferenze specifiche delle comunità biologiche considerate.
Con la metodologia MesoHABSIM e il calcolo dell’Indice di Integrità dell’Habitat (indice IH) è possibile simulare quello che succederà all’habitat disponibile in un fiume nel prossimo futuro, inserendo nella previsione gli scenari legati all’evoluzione della crisi climatica oppure a cambiamenti nelle quantità di acqua prelevate dalle derivazioni, e confrontandoli con la disponibilità reale di risorsa idrica.

Gli strumenti a disposizione dei ricercatori per compiere rilievi e campionamenti dell’habitat sul campo sono vari e molto accurati. Quando si vuole misurare la velocità e la portata (cioè la quantità di acqua, espressa in litri al secondo o metri cubi al secondo, che sta scorrendo in un intervallo di tempo) lungo una sezione trasversale di un fiume di piccole dimensioni, viene usato un correntometro elettromagnetico montato su una barra graduata per calcolare la profondità dell’acqua. Una bindella metrica, un GPS o un telemetro consentono, poi, di misurare la distanza tra una riva e l’altra del torrente/fiume e le dimensioni delle singole unità di habitat.

Per fiumi di grandi dimensioni e profondità elevate, invece, la misura della profondità dell’acqua e della velocità della corrente avviene grazie ad un natante (barchetta) con sopra installato un profilatore di velocità acustico (acoustic doppler current profiler, in inglese). Grazie all’analisi delle fotografie scattate con un drone, inoltre, è possibile descrivere in modo accurato la forma e la batimetria, per poi calcolare le profondità e le velocità nel corso d’acqua grazie a software di simulazione chiamati “modelli idraulici”.

Il campionamento dei macroinvertebrati viene effettuato con un retino a maglie molto piccole montato su di un telaio metallico quadrato.  Per i pesci, invece, viene utilizzato un campo elettrico in corrente continua che genera la perdita dei sensi degli animali, non provoca traumi e ne permette facilmente la cattura. La corrente elettrica in acqua va infatti ad interagire con i muscoli peribranchiali dei pesci, provocando un effetto di stordimento. Gli individui catturati in ogni mesohabitat vengono riposti in secchi o recipienti contenenti acqua costantemente ossigenata tramite ricambio parziale. Se necessario, è possibile diluire in quest’acqua anche dell’anestetico a base di chiodi di garofano per ridurre lo stress degli animali e rendere la loro esperienza meno traumatica. Dopo aver eseguito il censimento delle specie presenti e aver misurato la lunghezza del corpo di ogni animale, i secchi contenenti i pesci catturati vengono svuotati in corrispondenza dei mesohabitat di raccolta.